Psicologia e comunicazione digitale: cosa cambia durante l’emergenza

9 Aprile 2020, di bake

Una riflessione sul presente e sul futuro della psicologia con la dottoressa Laura Taradel


L’Italia si è fermata. Ormai da settimane il Coronavirus ha messo in quarantena tutta la penisola e imposto il fermo a moltissime attività lavorative.

La Dottoressa Laura Taradel, psicologa e docente presso l'Istituto Universitario Progetto Uomo
Dott.ssa Laura Taradel, psicologa e docente universitaria

Lo sa bene la psicologia, che si è trovata a ripensare il proprio utilizzo della comunicazione digitale, del marketing e delle nuove tecnologie durante (ma anche dopo) l’emergenza sanitaria.

Ne abbiamo discusso con la dottoressa Laura Taradel, psicologa, docente presso l’Istituto Universitario Progetto Uomo e Responsabile del gruppo di Antropologia e Psicologia Sociale del movimento Grande come una città.

 

Emergenza Covid-19: che uso fa la psicologia della comunicazione digitale e delle nuove tecnologie?

Tra le conseguenze dell’emergenza Coronavirus c’è, o forse dovremmo dire che c’è stata, l’interruzione di moltissimi percorsi di psicoterapia. Ma perché è meglio parlare al passato? Perché, resisi conto della lunghezza della quarantena, la dottoressa Taradel e molti suoi colleghi (fatta forse eccezione per qualche psicoterapeuta più anziano) sono passati alle terapie online su Skype o WhatsApp.

Certo non è una situazione ottimale, soprattutto per chi, come la dottoressa Taradel, specializzata in analisi del comportamento non verbale, dà molta importanza alle movenze di volto e corpo durante la seduta.

Se in videochiamata il volto riusciamo bene o male a visualizzarlo – ci ha detto la dottoressa – una serie di movimenti delle braccia o del corpo sono più difficili da vedere. Tutto sommato, però, gli interventi funzionano lo stesso e le tecnologie digitali ci consentono di mantenere la continuità terapeutica, che è molto importante”.

Ci sono approcci alla psicologia (come psicanalisi, psicologia cognitivo-comportamentale) che si prestano di più alla digitalizzazione delle sedute?
Personalmente non credo”, ci ha spiegato Laura Taradel, che ritiene ogni approccio egualmente digitalizzabile. “Forse – ha aggiunto – solo chi ritiene che un cambiamento del ‘setting’ possa provocare un grande danno potrebbe scegliere di non continuare online le sedute con i propri pazienti. Ovviamente anche per me il ‘setting’ è molto importante, ma è forse più importante fornire sostegno psicologico in una situazione [NdR. la quarantena] che da tutti gli esperti è stata paragonata a un evento traumatico”.

 

Non solo sedute online: i social come strumento prezioso per la psicologia 

La quarantena imposta dal Covid-19 obbliga la psicologia a trovare forme di espressione digitale nuove o poco usate. Ecco allora che i social network arrivano in suo aiuto!

Dai vademecum per la sopravvivenza in casa alle dirette Facebook, sembra che gli psicologi abbiano già individuato alcune vie per far sentire la propria voce nell’affollato mondo digitale. Per fare un esempio, Grande come una città, il movimento di cittadinanza attiva di cui fa parte la dottoressa Taradel, è passato dalle lezioni in presenza tenute in aule, scuole e piazze alle dirette su Facebook.

Da quando c’è il Coronavirus – ci ha raccontato la dottoressa – abbiamo iniziato delle dirette online con alcuni esperti. La scorsa domenica, per quanto riguarda la psicologia, abbiamo avuto un intervento della nota psicoterapeuta Costanza Jesurum intitolato ‘Resistenza psicologica al tempo del Coronavirus’. Durante la diretta abbiamo dato qualche consiglio, ma soprattutto risposto alle domande fatte in chat dai partecipanti”.

I social si sono dimostrati mezzi importanti anche per la promozione di iniziative di solidarietà, come nel caso dello Sportello Psicologico al Terzo. “Con Grande come una città – ha continuato a raccontarci la dottoressa – in collaborazione con Csa Astra e Lab Puzzle, abbiamo creato uno sportello psicologico gratuito, che offre tre colloqui di quarantacinque minuti tenuti su Skype, WhatsApp o per telefono. Con questa iniziativa vogliamo aiutare tutti coloro che hanno bisogno di uno spazio per affrontare i problemi legati alla quarantena”.

 

Che rapporto c’è, quindi, fra psicologi e social network in Italia? Gli psicologi li usano per la promozione della propria attività?

“Da quello che posso vedere (anche se non ho dati esatti) i social sono mezzi molto utilizzati – ci ha spiegato Laura Taradel – soprattutto dagli psicologi più giovani, trentenni o quarantenni, che hanno già delle pagine Facebook. Vedo spesso sui social la pubblicità di psicologi o di studi di psicoterapeuti e le offerte sono tantissime. Vanno dalla lezione online al colloquio gratuito, oppure promuovono file, documenti, vademecum. Probabilmente sono gli psicoterapeuti più anziani ad avere più difficoltà ad usare questo tipo di piattaforme”.

Lei cosa pensa dell’uso dei social per la promozione della propria attività di psicoterapeuta? Ha una sua pagina Facebook?
“No, al momento non ho una pagina Facebook, anche se è nei miei progetti. Penso, però, che i social siano un ottimo strumento e, anzi, credo che siano risorse preziose scoperte all’interno di questa quarantena forzata. Quello che mi chiedo è: quando finirà la quarantena faremo tutti quanti tesoro delle risorse che abbiamo scoperto? E nel mio caso – ride – mi aprirò una pagina? Ho rimandato per anni, magari questa esperienza sarà uno stimolo a dedicarci del tempo”.

Come ha notato Annalisa Viola su Psicologia Digitale, sui social – anche prima che ci arrivasse la psicologia – ci sono arrivate figure con meno competenze professionali, ma più “intraprendenza digitale”. Stiamo parlano di figure come i counselor e i mental coach, alcuni dei quali si spacciano per esperti e spopolano online con i propri video e i propri post motivazionali. Come può la psicologia riprendersi gli spazi digitali occupati da queste figure?
Io credo – ci ha risposto la dottoressa Taradel – che questi video e questi blog trovino terreno fertile nella disinformazione, abbinata al bisogno di sicurezza, quindi purtroppo hanno molta presa. Penso che l’unica via per combattere queste figure sia fare informazione, un’informazione, però, che sia capillare, che non si fermi soltanto alla propria piccola cerchia di conoscenti, ma che arrivi più lontano”.

 

Marketing e psicologia: un un’unione possibile?

Nella sua operazione informativa, quindi, la psicologia ha la necessità di raggiungere più persone possibili. Ad aiutarla, in questo, potrebbero esserci alcune tecniche del marketing.

Come vede l’utilizzo di tecniche del marketing – abbiamo chiesto alla dottoressa – per promuoversi e promuovere in generale, le buone pratiche della psicologia?
“Penso che il marketing possa contribuire, quello che mi sfugge (perché non ho le competenze per dirlo) è il come. Diverse discipline possono sempre collaborare e trovare nuovi modi sinergici di crescere insieme.

Ora che ci penso – ha continuato – mi viene in mente un’esperienza che ho fatto negli Stati Uniti. L’anno scorso mia madre, che vive lì, è stata ricoverata in ospedale e io l’ho accompagnata. Alla reception dello studio medico c’erano i pieghevoli di numerosi medici, dall’ortopedico allo psicologo, e ne ho preso qualcuno per curiosità. Leggendoli ho notato una cosa che mi ha fatto pensare: c’era la foto del medico, c’erano i suoi titoli e c’era il suo percorso di studi, dopodiché, però, c’era una narrazione della persona molto diversa da quella a cui siamo abituati in Italia. Quello che ho letto su quei pieghevoli suonava tipo: ‘Il dottor Tal dei Tali, specializzato in psicologia dell’infanzia, ama l’arrampicata in montagna. Nei weekend va a fare rafting con i bambini. È un bravo cuoco e il suo amore per la cucina lo ha portato a organizzare eventi’ e così via.

Là per là sono rimasta stupita. Riflettendoci, però, mi sono resa conto che quel tipo di comunicazione permette di farsi un’idea molto più vicina all’umanità di quella persona. Questo, alla fine, potrebbe farti scegliere quel dottore piuttosto che un altro. E mi sono anche chiesta: in Italia è proponibile una cosa del genere?”.

 

Come la psicologia può farsi aiutare dal marketing

Quello che ci sentiamo di rispondere alla dottoressa Laura Taradel è, senza alcun dubbio, “”.
Tecniche di marketing come quella che la dottoressa ci ha raccontato, che coinvolge il personal branding misto a un po’ di storytelling, possono certamente contribuire alla promozione della psicologia e degli psicologi anche nella nostra penisola. Se uniti a un buon uso dei social network e ad altri touchpoint digitali offerti dalla rete, questi meccanismi del marketing possono portare grande visibilità a uno psicoterapeuta che sa come muoversi online. Per citare nuovamente Annalisa Viola:

“il web fornisce la possibilità di crearsi uno spazio personale e di farsi raggiungere dal cliente giusto per noi, quello che ha buone probabilità di svolgere un percorso duraturo con noi”.

Un sito web professionale, tecniche di SEO, ricerca delle parole chiave, advertising. Quelle appena citate sono tutte tecniche basilari del marketing che possono certamente portare grandi vantaggi al mondo della psicologia. Soprattutto a quella psicologia che ha iniziato a scoprire o ad approfondire la comunicazione digitale in questo inusuale periodo di distanza fisica.

 

Sappiamo che non è facile, per questo Bake Agency lavora da anni con numerosi professionisti per fornire ai propri clienti la migliore comunicazione possibile. Se sei interessato a una consulenza o ad un aiuto per gestire la tua comunicazione online, contattaci. Lavoreremo per te durante e dopo l’emergenza. 

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