Luigi De Seneen è un Business Developer, uno di quelli che ha capito che sono le persone a fare le aziende.
Ed è proprio su questo che ci spinge a riflettere, sull’importanza di edificare un pannello di competenze consolidato e verificabile, di instaurare rapporti sulla rete e fuori dalla rete, di agire con concretezza e con strategia.
Qual è il significato che dai al Personal Branding, e come pensi possa favorire l’avanzamento professionale?
Un concetto che amo ripetere spesso è il fatto che i social network ci hanno abituato al rapporto “one to one”.
Hanno, in qualche modo, smaterializzato i brand di prodotto o servizio e messo direttamente in contatto le persone che sono dietro le facciate delle aziende.
Il nostro stile comunicativo è sempre più legato alla modalità “chat”.
Un nome, un volto, una modalità continuativa di colloquio.
Non sono più pensabili, ad esempio, siti aziendali impersonali, profili social impersonali. Luoghi in cui l’unica forma di contatto è rappresentata dalla compilazione di un form o una generica mail tipo info@.
Il successo della presenza nel web è proporzionato al livello di coinvolgimento che riusciamo a generare e alla quantità di persone che si lasciano coinvolgere.
Tutto questo rappresenta una forma di impegno e sviluppo del personal branding che ha anche molti vantaggi.
Innanzi tutto ci consente di esprimerci a pieno, di mettere in luce non solo le competenze professionali, ma anche tutte le competenze personali. In un gioco virtuoso di esaltazione reciproca. Di aggiornare in modo dinamico le nostre attività e le nostre evoluzioni.
Tutto questo aumenta l’“occupabilità”. Ossia, passiamo da aspiranti ad una occupazione virtualmente stabile, ad un atteggiamento più contemporaneo, alla dinamiche del mondo del lavoro di disponibilità al cambiamento.
Coltivare il personal branding, inoltre ci consente di giungere ad incontrare opportunità lavorative che permettono una espressione più ampia della personalità e per questo sicuramente più soddisfacenti.
Cosa bisogna evitare nella costruzione del proprio PB e quali sono i primi step da percorrere?
Costruire un personal branding equivale esattamente alla costruzione della identità di marca. Va fatto un attento lavoro di pianificazione strategica. Di definizione di elementi come mission, vision e value proposition. Sono ancora i tre pilastri su cui lavorare per creare solide fondamenta per la costruzione del brand.
Un’operazione che consiglio sempre e quella di rivolgersi alla propria cerchia, al proprio ambiente sociale di prossimità. Familiari, colleghi, amici per farsi raccontare la loro visione di noi; dichiarando che si sta lavorando alla costruzione del proprio personal brand. Sarà sorprendente scoprire come molti aspetti che diamo per scontati non lo siano affatto o come, ad esempio, molto poco delle nostre capacità, delle nostre competenze o passioni sia misconosciuto proprio a chi ci frequenta maggiormente.
Strumenti come i canvas, per fare un punto della situazione ed una successiva pianificazione, sono essenziali.
L’errore da evitare assolutamente è quello di fare promesse che non possiamo mantenere. Il personal branding significa prospettare un sé che va confermato costantemente con i fatti ed una profonda coerenza.
La fragilità delle costruzioni vuote è messa subito in crisi. E rimediare alla delusione nelle dinamiche della comunicazione è veramente arduo.
Si parla spesso dell’importanza del networking. Qual è secondo te la modalità più efficace per poterlo realizzare?
Il modo più efficace è quello di costruire un solido personal branding, di diventare dei produttori di informazioni di valore per la rete, di relazioni e di guardare ad esse come un campo da coltivare e non come una mucca da spremere.
Coerenza, autorevolezza e generosità sono gli asset di collegamento.
Manutenzione costante delle relazioni come caratteristica differenziante.
Ascolto attivo e restituzione di valore, lo stile da mantenere.
Qual è il ruolo dei social media nel percorso del proprio PB?
Il ruolo è sicuramente centrale. Come dicevo, è proprio la loro dinamica che ha favorito lo sviluppo del personal branding.
Questo, però, rappresenta una parte. Nelle relazioni personali sta ritornando il valore delle offline. I due spetti devono essere sapientemente bilanciati.
L’offline è l’occasione di conferma, rappresenta la possibilità di esprimersi in codici linguistici ancora inibiti sull’online. Tutto il nostro “non verbale” e “para verbale”, tutta la fase di empatia e co-patia trovano la loro migliore espressione negli incontri occhi negli occhi.
I social sono la dinamica, l’offline il consolidamento.
Quanto sono importanti le cosiddette soft skills nel proprio curriculum?
A mio parere fondamentali. Le competenze trovano senso, se possono, si esprimo al loro meglio.
Il fluidificatore delle competenze sono le abilità personali. Tecniche di comunicazione e negoziazione, gestione dello stress, resilienza, multidisciplinarietà, proattività, capacità di pensiero laterale, probem solving, solo per fare alcuni esempi.
Il migliore degli ingegneri sarà produttivo e efficiente nell’azienda solo se avrà capacità di mettere la sua competenza a servizio del team, diversamente le aziende sarebbero fatte si singole prestazioni senza nessun collegamento virtuoso.
Il classico “uno più uno uguale due” non è la via all’eccellenza. Abbiamo bisogno di moltiplicatori. Le persone e le aziende che valorizzano le soft skill possono contare su fattori moltiplicatori nelle loro organizzazioni.
Se dovessi dare un consiglio a chi cerca un lavoro oggi, cosa gli diresti?
Consiglierei di ragionare in termini di occupabilità e non di occupazione.
Di essere dei professionisti dell’apprendimento. Solo chi è costantemente aggiornato, solo chi si forma per migliorare, tanto le competenze quanto le capacità personali, riesce a mantenere il ritmo delle nuove dinamiche del mondo del lavoro.
Si parla di T-SHAPED PERSON, ossia persone che hanno una grande competenza verticale innestata su una visione orizzontale e trasversale del ecosistema economico in cui agiscono.
Siamo un paese caratterizzato da micro, piccole e medie imprese. Questa è una dimensione umana prima che produttiva. È una dimensione in cui non c’è una separazione netta tra le funzioni e non si può lavorare per comparti stagni.
Agire al meglio della specializzazione e contestualizzare fortemente la propria prestazione rispetto al processo.
L’auto – imprenditorialità è oggi una grande opportunità. Le idee possono trovare la via di realizzazione molto più facilmente rispetto al passato. Start Up, crowd founding, business angel ed incubatori, sono nuovi attori che possono favorire l’impresa.
Una sola grande attenzione. I nomi accattivanti e la terminologia smart non possono sostituire una solida cultura di impresa.
Non possiamo prescindere da materia come il controllo di gestione, il marketing strategico e la gestione finanziaria. Senza questa base, qualsiasi iniziativa parte zoppa. Che siano competenze proprie dell’imprenditore (che non può prescindere da almeno una cultura di base) o che siano di professionisti in affiancamento, non dobbiamo mai tralasciare questi aspetti fondamentali per garantire a ciò che è innovativo di prosperare e consolidarsi nel mercato.
Luigi De Seneen studia giurisprudenza, scopre la passione per lo sport, diventa personal trainer e collabora con psicologi e psicoterapeuti su casi di depressione, abbinando allenamento fisico e mentale.
Attualmente è un Business Developer, specializzato in Marketing, sviluppatore di opportunità, dotato di capacità creative di mediazione e intesa tra le aziende.
Sviluppa percorsi formativi manageriali, è consulente di marketing strategico e operativo, esperto in networking con aziende, imprese ed enti pubblici.
Ha organizzato il Philip Kotler Marketing Forum Milano e il Networking DaySan Patrignano. È tra i contributori del libro Fai di te stesso un brand di Riccardo Scandellari. TedX Speaker.