Sono passati oltre sessant’anni dall’elaborazione del concetto di Gerarchia dei bisogni dello psicologo statunitense Abraham Maslow, una scala di cinque gradini in cui le necessità dell’uomo si articolano dalla più elementare alla più complessa. Da allora, la Piramide di Maslow è un punto saldo per spiegare i bisogni e le motivazioni delle persone, facendosi spazio nel campo del marketing, del management e delle risorse umane.
In un mondo in cui la realtà corre parallela nei nostri smartphone, alla lista delle discipline si aggiunge il Social Media Marketing e ai bisogni della Piramide si associano concetti nuovi.
I bisogni fisiologici diventano la Social Media Presence, ovvero la necessità di essere presenti sui social network, avere account e profili completi, contenuti strategici, un tono di voce definito e obiettivi di lungo termine. Al gradino successivo, la sicurezza diventa l’Online Reputation, rispecchia la consistenza delle proprie attività sui social che, al pari dell’identità visiva e delle scelte di design, devono richiamare immediatamente il brand nella mente dell’utente.
Il bisogno di appartenenza si traduce nel Social Engagement, l’insieme delle attività per aumentare il coinvolgimento della propria fanbase e comunità online di riferimento. In senso pratico, corrisponde al monitoraggio delle conversazioni online e la presenza attiva.
Essere attivi permette di costruire una community di utenti – ambasciatori pronti a comunicare il brand all’esterno, che corrisponde al bisogno di stima.
L’ultimo gradino della piramide è l’autorealizzazione e si conquista nella Social Influence, misurabile nel numero di follower, nelle interazioni, e quindi, con un ritorno concreto delle attività di Social Media Marketing.
Il SMM svolge una funzione di connettore, proprio perché i social media passando nelle mani di tutti e arrivano prima delle altre forme di comunicazione.
Gli utenti (secondo un’analisi di Kantar Millward Brown) apprezzano quando un Brand veicola il suo messaggio integrandolo nei diversi canali perché riescono a percepire la sua essenza e nel migliore dei casi, a stabilire un legame.
Come utilizzarli per armonizzare il messaggio di una campagna? Tenendo conto di alcuni totem.
In primis, l’aspetto visuale. Il messaggio deve essere trasmesso da un’immagine incisiva, efficace e accattivante. I post di Facebook che contengono immagini generano il doppio delle interazioni di quelli senza, i Tweet con immagini vengono retwittati il 150% in più, mentre Instagram e Snapchat nascono proprio come social “visivi”.
Un’immagine incisiva, però, non basta, l’impatto ci vuole, ma che sia coerente con la storia. Una campagna è proprio come una canzone, esprime dei valori e un significato che possono essere declinati sulle diverse piattaforme, seguendo però sempre lo stesso filo.
Anche le parole da usare sono importanti, bisogna sceglierle con attenzione, devono essere chiare e semplici, devono saper guidare l’utente lungo un percorso ben preciso per far si che non si perda, ma arrivi.
A chi dedicare la propria voce?
Prima di iniziare a cantare, focalizzati sempre sul cliente ideale che immagini, studialo, seguilo, analizzalo e impegnati a ricostruire il suo profilo proprio attraverso i social.
I tempi cambiano ma gli uomini restano sempre uguali, con la stessa incondizionata voglia di condividersi.