Cos’è e come funziona il marketing business-to-business (B2B)
Quando parliamo di marketing la mente ci porta subito a quello che viene definito marketing B2C, ovvero business-to-consumer, in cui le due parti dello scambio sono un’impresa e una persona fisica. Tuttavia molte forme di scambio di mercato avvengono nell’ambito del B2B (business-to-business), in cui “entrambi i soggetti di offerta e domanda sono imprese. I contraenti, perciò, ‘parlano la medesima lingua’, fatta di un vocabolario (p.e. costi e ricavi, margini e rotazione) e di una grammatica (p.e. condizioni di fornitura e termini di pagamento) comuni” (A. Mattiacci, A. Pastore; Marketing: il management orientato al mercato; 2014; Hoepli, Milano).
Le parti coinvolte nello scambio B2B, in accordo con Mattiacci e Pastore, possono essere:
- Un produttore e un altro produttore: è il caso, ad esempio, della vendita di servizi pubblicitari da parte di un’agenzia a un’impresa inserzionista.
- Un produttore e un commerciante: è il caso di un produttore di generi alimentari che vende i propri prodotti a un distributore (come Conad, Coop, Esselunga, ecc.).
- Un commerciante e un altro commerciante: è il caso di un grossista di farmaci che vende i prodotti a una farmacia.
Il marketing negli scambi B2B
Si potrebbe (ingenuamente) pensare che negli scambi business-to-business ci sia meno bisogno di utilizzare tecniche di marketing, ovviamente niente di più sbagliato.
Le tecniche di marketing che si usano per questo tipo di scambi, tuttavia, sono leggermente diverse rispetto a quelle degli scambi consumer-to-consumer. Tradizionalmente la differenza tra B2B e B2C è considerata essere il target, che nel business-to-business non è un singolo individuo, ma un gruppo di persone. Anche il processo decisionale tende a essere più complesso visto che “nel B2B la decisione implica di solito l’organizzazione di diverse riunioni tra membri delle due parti e, eventualmente, consulenti tecnici esterni all’azienda” (Inside Marketing).
Ecco perché di solito il marketing B2B comprende la creazione di contenuti pubblicitari ricchi di tecnicismi, dal tono formale e serio.
Le emozioni nel business-to-business
Secondo le teorie classiche, le imprese scelgono cosa acquistare in modo totalmente razionale e puntando sempre alla massimizzazione dell’utile.“Come se nel mondo del B2B – scrive Silvia Di Gennaro – le persone fossero tutte incravattate, con la faccia di marmo e una barriera emotiva davanti al cliente”.
L’homo oeconomicus, lo sappiamo, non esiste. Tendiamo a dimenticare, infatti, che quando ci sono persone che lavorano insieme per prendere una decisione, ci sono, inevitabilmente, anche rapporti interpersonali e emozioni. Viene quindi da chiedersi se il marketing B2B faccia affidamento sulla connessione emotiva anche più del B2C.
I risultati di uno studio realizzato da Google, insieme a Motista e Gartner, hanno dimostrato che i clienti del B2B sono molto più connessi emotivamente ai loro fornitori rispetto ai consumatori del B2C. Infatti, quando un consumatore fa un cattivo acquisto per sé stesso, il rischio è relativamente basso. Gli acquisti aziendali, invece, comportano grandi quantità di rischio, che possono portare anche alla perdita del posto di lavoro. La connessione emotiva, in questi casi, serve a superare la percezione di tale rischio.
Ecco quindi che fra le tecniche di marketing business-to-business cominciano a comparire referral marketing e campagne di comunicazione che fanno della creatività l’elemento chiave a supporto del messaggio del brand. Uno degli esempi più recenti, come fa notare Inside Marketing, è lo spot creato da Volvo Trucks con l’attore Jean-Claude Van Damme, che è diventato virale sul web, raggiungendo un pubblico decisamente più ampio di quello del B2B.